martedì 23 settembre 2008

"Tranquilli, il Mondiale lo vincerà un dopato"

La Stampa 23-09-2008

Fanini: «I big hanno lasciato la Vuelta per fare la cura a casa. E se sono stati intelligenti, supereranno i controlli»
PAOLO ZILIANI
Non usa giri di parole Ivano Fanini, 57 anni, presidente del team ciclistico «Amore & Vita-McDonald’s», parlando dell’aria pesantissima che si respira in gruppo a 5 giorni dalla gara clou dei professionisti ai Mondiali di Varese.

Fanini, che Mondiali saranno?

«Se alla Rai facessero le cose per bene, domenica, al momento della premiazione della prova iridata su strada dei professionisti, dovrebbero mandare una didascalia che dica: “Corridore Tizio, medaglia d’oro, dopato; corridore Caio, medaglia d’argento, dopato; corridore Sempronio, medaglia di bronzo, dopato”».

Le sue sono accuse molto gravi.
«Lo so, ma accadrà quello che avviene da anni nei Giri d’Italia, di Spagna e di Francia: vincerà un corridore che si dopa, altrimenti non ce la farebbe, e batterà un corridore che si dopa e un altro che si dopa. E se le “cure” saranno state fatte in modo “intelligente”, l’antidoping non diventerà un problema».

Si spieghi meglio.
«Ha visto cos’è successo nell’ultima settimana della Vuelta? Tutti i big che puntano a vincere il Mondiale e i loro gregari sono tornati a casa senza un motivo giustificato. Ho chiesto al mio direttore sportivo, Pierino Gavazzi, che è stato tre volte campione d’Italia e ha vinto una Sanremo, come mai succede questo: e mi ha risposto che i corridori tornano per fare quello che in gergo viene chiamato il “rifornimento”, cioè per assumere epo al riparo da occhi indiscreti. E’ quello che i corridori chiamano “la cura”. La fanno tutti, il big che deve vincere e il gregario che deve aiutare a vincere. Unica avvertenza: sospenderla qualche giorno prima della corsa per non lasciare tracce il giorno fatidico».

Qualcuno però ogni tanto viene beccato.
«Poca roba. Nella rete generalmente finiscono i giovani, come Riccò e Sella. Dopo i tanti casi di doping in cui era stato coinvolto da dilettante, Riccò avrebbe già meritato di essere squalificato a vita. In quanto a Sella, fino a un anno fa era un corridore normale. Di colpo, al Giro 2008, è diventato un fenomeno: e anche nel suo caso la spiegazione ha il nome della nuova epo, il Cera. Anche lui in un certo senso paga l’inesperienza. Errori così non li commette certo un Piepoli, la lunga ombra di Riccò. Che la sua squadra ha licenziato lo stesso perché nessuno ormai si fida più di uno come lui».

Riccò cacciato dal Tour ha fatto rivivere i fantasmi di Pantani, spedito a casa in maglia rosa a Madonna di Campiglio il 5 giugno del 1999.
«E’ vero. Ma nessuno sa che anche l’anno prima, al Giro del ’98, quello da lui vinto trionfalmente, Pantani avrebbe dovuto essere mandato a casa. Invece al posto suo fu cacciato Forconi, un gregario. Che il giorno dopo, visto che era un mio ex corridore, era stato con me 6 anni all’Amore & Vita, venne a trovarmi in ufficio e mi raccontò tutto. “Hanno fatto uno scambio di provette e hanno mandato a casa me, che alla Mercatone sono l’unico ad avere i valori bassi”, mi disse. Riccardo era un modesto gregario, uno da 20-30 milioni di lire l’anno. Beh, dopo quell’episodio, e quella squalifica, si è costruito una villa sulle colline di Empoli: e si è fatto una posizione. Oggi collabora con Beppe Martinelli, il direttore sportivo di allora, ed è il team manager della Vangi, un club di dilettanti assai quotato».

Abbiamo parlato di Riccò, Sella, Piepoli, ma fra i corridori squalificati in casi diversi ci sono stati anche Basso, Di Luca, Petacchi...
«E’ una situazione senza ritorno. Un anno fa, al Giro, dopo il tappone dello Zoncolan vennero sottoposti a un controllo a sorpresa Di Luca, Riccò, Simoni e Mazzoleni: i 4 italiani meglio piazzati in classifica. Ebbene, tutti e 4 fecero la pipì degli angeli: in pratica mostrarono il profilo ormonale di un bambino di 7 anni. Una cosa da ridere. Nonostante questo, credo che Di Luca continui a intrattenere rapporti col medico super-squalificato Santuccione; e il massaggiatore di Riccò è sempre Pregnolato, che seguiva Pantani e fu incastrato nella retata dei Nas a Sanremo, nel Giro del 2001, con un sacco di robaccia in valigia, quindi venne squalificato. Per non parlare di Basso, che è stato coinvolto nell’Operación Puerto, ha raccontato un sacco di balle e adesso è pronto al rientro, bello come il sole».

Che cosa si dovrebbe fare?
«Squalificare a vita l’atleta trovato positivo. Ed estendere automaticamente la squalifica al team manager, o direttore sportivo, perché alle verginelle tradite dal loro pupillo non crede più nessuno. Due anni fa, dopo i pasticci combinati dai suoi corridori, la Milram ha licenziato in tronco il d.s. Stanga - che sapeva tutto - e ha fatto bene. E mi chiedo: che cosa ci sta a fare ancora nel ciclismo uno come Bjarne Rijs? Uno che ha imbrogliato tutta la vita, che ha vinto un Tour da dopato e che dopo gli scempi commessi da d.s. è ancora lì, sull’ammiraglia, e ha appena vinto il Tour de France con Sastre, che sul podio a Parigi ha avuto l’impudenza di ringraziare Manolo Saiz, ossia il principale artefice del doping nel ciclismo assieme ai medici Ferrari e Santuccione».

Lei è il presidente dell’Amore & Vita-McDonald’s e da molti anni si sta battendo a spada tratta contro il doping. Perché lo fa?
«Fino al ’98 sono stato un dirigente come un altro, ho fatto come tutti. Le mie squadre hanno vinto una quindicina di tappe, tra Giro e Vuelta, con corridori che si dopavano. Poi ho cominciato a vedere ragazzi che stavano male, ho cominciato a contare i morti, e mi sono ribellato. Vuole sapere quanti miei ex ragazzi sono morti negli ultimi anni? Sei. E ben tre nelle ultime tre stagioni: Galletti, Cox e Fois. Galletti l’avevo ingaggiato a 30 anni a patto che non toccasse più il doping e si era rilanciato al punto da diventare un fido gregario di Cipollini. E’ morto in gara due anni fa. Cox, sudafricano, aveva talento e a 23 anni era passato alla Barloworld: a 28 anni è morto nel suo Paese, abbandonato da tutti, dopo un’inutile operazione in Francia per problemi vascolari dovuti all’assunzione di sostanze proibite. Fois è stato l’ultimo, circa 6 mesi fa: è morto con la maglia dell’Amore & Vita nell’armadio. Come ho fatto spesso con tanti corridori in difficoltà, l’avevo ingaggiato per ridargli una ragione di vita, per toglierlo dalla strada. Si stava riprendendo. Non ce l’ho fatta».

Ma i telecronisti e gli inviati, quando Riccò vince «alla Pantani», si perdono in peana.
«Sanno tutto ma tacciono. E quando succede il fattaccio fingono di stracciarsi le vesti. La parola d’ordine è “business & spettacolo”: il resto non conta. E la salute dei corridori meno che mai. Un dramma, perché molti di questi ragazzi, quando subiscono lunghe squalifiche o smettono di correre, passano dal doping alla cocaina o ad altre tossicodipendenze. Com’è successo a Pantani, a Jiménez e a Fois: che purtroppo oggi non ci sono più».

venerdì 12 settembre 2008

Magico Tempe: Tutto lo Zoncolan in Impennata

martedì 9 settembre 2008

Ti vengo a cercare, live version ...

venerdì 5 settembre 2008

Incubo morbo di Gehrig. "Il doping, però, c’entra poco e la cartina di tornasole è il ciclismo, sport in cui non c’è traccia di Sla." mavaffanculo

L'ex attaccante di Milan e Fiorentina attaverso un sintetizzatore vocale racconta il suo dramma: "Voglio migliorare la qualità della vita dei malati di Sla e supportare i ricercatori". L'8 ottobre amichevole benefica fra rossoneri e viola per la sua Fondazione
Stefano Borgonovo durante lo speciale trasmesso da Sky Sport 24
Stefano Borgonovo durante lo speciale trasmesso da Sky Sport 24
MILANO, 5 settembre 2008 - Stefano Borgonovo, ex centravanti di Fiorentina e Milan, è ammalato di Sla (Sclerosi laterale amiotrofica), meglio conosciuta come morbo di Gehrig. Malattia a decorso inesorabile - tutti i muscoli si bloccano via via, la mente però resta lucida -, la Sla ha già ucciso 39 ex calciatori, come accertato da Raffaele Guariniello, magistrato di Torino. In media la Sla colpisce sei persone ogni centomila, nel calcio italiano Guariniello e i suoi periti hanno individuato 43 casi su 30 mila giocatori: evidente sproporzione. Il doping, però, c’entra poco e la cartina di tornasole è il ciclismo, sport in cui non c’è traccia di Sla. Probabile che la correlazione tra pallone e morbo di Gehrig sia dovuta a un cocktail di concause: traumi a gambe e testa; abuso di anti-infiammatori; sforzi eccessivi in allenamenti e partite; contatti con pesticidi usati per i campi da gioco; predisposizione genetica. Oltre a Borgonovo, al momento altri tre ex calciatori soffrono di Sla, sono due centrocampisti di B e C degli anni Ottanta e Piergiorgio Corno, ex del Como.
PRIVACY - Da circa un anno e mezzo si sapeva della malattia di Borgonovo, ma Stefano non voleva che la sua storia venisse raccontata. Finché Massimo Mauro, della Fondazione Mauro e Vialli che raccoglie fondi per la lotta alla malattia, e il dottor Mario Melazzini, presidente dell’Aisla, l’associazione che in Italia aiuta le famiglie colpite dal tornado Sla, hanno convinto Borgonovo ad aprirsi. Stefano ha accettato di incontrare una troupe di Sky.
SINTETIZZATORE - Borgonovo non riesce più a parlare da tempo. E’ tracheotomizzato e si esprime con un sintetizzatore vocale, al computer. Parla con gli occhi: i suoi sguardi comandano un mouse e tramite un software le lettere indicate vengono trasformate in voce. A Sky ha detto: “Ringrazio Milan e Fiorentina, Galliani e Della Valle, perché mi sono vicini. Voglio creare una Fondazione Borgonovo per aiutare la ricerca e gli ammalati come me”. Verrà organizzata un’amichevole con incasso devoluto alla nuova struttura di Stefano. Donadoni, Ancelotti, Baggio, Dunga e Maldini hanno fatto arrivare messaggi di solidarietà.
SERENITA' - Borgonovo vive a Giussano, a Nord di Milano, ed è sostenuto dalla famiglia: la moglie Chantal e i 4 figli, un maschio e tre femmine. Il primogenito ha vent’anni, l’ultima bimba è nata quando Borgonovo soffriva dei primi sintomi della malattia. Stefano è in cura al “Nemo” dell’ospedale Niguarda di Milano, laddove Nemo ha un duplice significato: Nemo come acronimo di “Neuro-muscolar omnicenter”, centro specializzato in mali come Sla, distrofia muscolare e atrofia spinale, e Nemo come il pesciolino del cartone animato della Pixar Disney (“Alla ricerca di Nemo”, 2004), tormentato da una pinna atrofica. Borgonovo è sereno, non prova rancore o rabbia per il calcio, ritiene la malattia una fatalità. Ha passato momenti neri, voleva isolarsi, poi ha capito che il suo nome può essere speso per reperire fondi da destinare alla ricerca. Oggi dice di avere degli obiettivi: “Migliorare la qualità della vita di ogni malato di Sla e fare in modo che tutti abbiano un sintetizzatore vocale; supportare i ricercatori”. E così è diventato consigliere dell’Aisla, assieme a Massimo Mauro, che sa bene quanto dolore possa provocare una grave malattia.
Sebastiano Vernazza

mercoledì 3 settembre 2008

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