venerdì 7 dicembre 2007

Dematteis, il buon esempio cerca ancora squadra


Dematteis, il buon esempio cerca ancora squadra

Giurò di non aver mai fatto uso di sostanze dopanti scrivendo alla Gazzetta. Oggi cerca un ingaggio: "La mia ex squadra mi ha chiesto indietro la bici, così ho messo a posto una vecchia Specialized e ho ricominciato ad allenarmi"

MILANO, 5 dicembre 2007 - Capace di svegliarsi, saltare sulla bici e farsi la Cuneo-Pinerolo, ma sì, quella del Giro d'Italia 1949, primo Coppi e gli altri a mezz'ora, però partendo da casa. Dunque: da Piasco a Cuneo, poi Colle della Maddalena, Vars, Izoard, Briançon, Monginevro, Sestriere, Pinerolo e ancora Piasco. Totale: 324 chilometri, cioè 11 ore e 20 minuti. Capace di scrivere alla Gazzetta dello Sport e giurare che "non ho mai fatto uso di sostanze dopanti. Mai". E di aggiungere: "Ho un medico, sì, ma quello del Servizio sanitario nazionale, cui mi rivolgo per curare l'influenza e il mal di gola". Miculà Dematteis è fatto così. Prendere o lasciare. Noi prendiamo. Anzi, riprendiamo.
Dematteis, riprendiamo da quella lettera?
"Rispondevo a un appello di Candido Cannavò sul ciclismo pulito. Mi dichiarai. Due giorni dopo si correva il Giro dell'Appennino. Il mio compagno di squadra Claudio Cucinotta, che mi aveva già detto bravo al telefono, me l'ha ripetuto. E un altro bravo me l'ha detto Roberto Petito. Basta. Tutti gli altri mi hanno ignorato. Si giravano dall'altra parte. Chi guardava in alto, chi in basso, chi mi perforava come se non esistessi. Io mi aspettavo anche commenti negativi. Invece niente di niente. Indifferenza totale".
Deluso?
"La situazione è questa. Ognuno pensa a se stesso. Ma non sono pentito. Per me non era un problema prima, non lo è neanche adesso che la mia posizione si è fatta critica: sono senza contratto per il 2008".
Colpa della lettera?
"Non credo. Il mio contratto scadeva alla fine del 2007 e il team manager Fabio Bordonali pensava di confermarmi. Poi la nostra squadra, la Tenax, si è fusa con la Lpr e ha acquistato corridori come Di Luca e Savoldelli, e Bordonali si è trovato con alcuni corridori in sovrannumero. E non ha più potuto ingaggiarmi. Solo che questo l'ho saputo dopo il Giro di Lombardia, alla fine di ottobre, tardi per trovare un'altra squadra. Il mio procuratore non ce l'ha fatta. Adesso ci sto provando io. Telefonando".
Intanto?
"Dopo il Lombardia ho staccato. Ho lavorato con i miei genitori: badare a un allevamento di cavalli, poi fare legna per l'inverno. La mia --- a questo punto --- ex squadra mi ha chiesto di restituire la bicicletta. Un giorno mi hanno telefonato e sono venuti a prendere la Pinarello Opera. E sono rimasto a piedi. Avevo una Specialized di 10 anni fa, me l'aveva regalata mio nonno e l'avevo prestata a un mio cugino che voleva fare qualche giro, ma non si è dedicato alla manutenzione. Così ho cercato, trovato e sostituito qualche pezzo per rimettere la bici in carreggiata".
E adesso?
"Da una settimana ho ricominciato a pedalare. Piasco sta dove finisce la pianura e cominciano le valli. Valli a pettine. La mia è la Valle Varaita, e in cima c'è l'Agnello. Più a sud c'è la Valle Maira, che arriva anche al Sempeyre. A nord c'è la Valle del Po, con il Monviso, poi la Val Germanasca, infine la Val Chisone con il Sestriere. Dovunque volgi lo sguardo, una meraviglia. Ha visto "Il vento fa il suo giro"?".
Che cos'è?
"Un bel film. Girato dalle mie parti. Si apre con una strada stretta, a strapiombo su una valle incassata e profonda. Quello è il Vallone di Elva. L'ha fatta anche il Giro d'Italia, nel 2003, quando Pantani è caduto in discesa e Frigo ha vinto in salita, a Chianale. Il film indaga sulla comunità occitana e gli attori, a parte i due o tre protagonisti, sono recuperati dalla strada, dal paese, dalla valle. La postina, il musicista, il sindaco, quelli del bar. Bravissimi. E mentre loro giravano, io ero in giro. Da qualche parte, chissà dove, sa, siamo corridori".
E il Dematteis corridore?
"Adesso, quando telefono per offrirmi, mi chiedono i risultati. Nel 2007 ho fatto due quindicesimi posti, alla Milano-Torino e al Gran premio di Lugano, il diciassettesimo all'Eroica, altri due piazzamenti nei 20. E questo può sembrare poco. Vero, non siamo tutti campioni, ma dietro un campione, o dietro un vincitore, ci sono quattro o cinque atleti che non si vedono, ma che si mettono al suo servizio. Tirano, aiutano, riportano, cuciono, assistono. Io sono uno di quelli. Quando mi è stata data la possibilità di gestirmi la corsa, sono rimasto davanti con i primi, non con i primissimi. Mi manca ancora qualcosa".
La sua natura?
"Attaccante. Tappa della Coppi & Bartali 2006, vinta da Cunego: via in otto dopo 30 chilometri, rimasti in tre, Pinotti, Stangelj e io, ripresi a 6-7 chilometri dall'arrivo. Tappa della Coppi & Bartali 2007, vinta da Riccò: nel finale mi sono riportato sulla fuga, poi sull'ultima salita non ho retto il ritmo di Riccò e Scarponi. Ma ero subito lì dietro. Insomma, potendo, mi piace più stare davanti che dietro. Anche a costo di saltare".
E se non trovasse un ingaggio?
"Mi sto preparando all'idea. C'è l'allevamento dei cavalli. C'è mio padre che fa il muratore. Un lavoro si trova. Non sarà mai abbastanza bello e avventuroso come il ciclismo. Il ciclismo è conoscere il mondo, conoscere se stessi, conoscere me stesso nel mondo secondo alcuni principi morali trasmessi dai miei genitori. Primo: continuare solo con le proprie forze. Secondo: non abbattersi. Terzo: non barare. Non necessariamente in questo ordine. In bici ci andrò comunque, per i fatti miei. Magari tornerò con la mia squadra, la S.C.Vigor di Piasco. Magari parteciperò anche a una granfondo, ma per ridere, fermarmi in cima a una salita a mangiare pane e salame, e arrivare al traguardo prima che lo smontino".

Marco Pastonesi

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